venerdì 4 luglio 2014

Micotossine nel latte per il Parmigiano Reggiano: casualità o conseguenza di improbabili divieti?

di Alessandro Cantarelli  

 

La clamorosa vicenda, che riporta alla memoria i fatti della fatidica estate del 2003, dove a seguito di un’eccezionale siccità si erano verificati altrettanti sequestri di intere partite di formaggio. La  notizia è  di uno scandalo legato alle analisi del latte per il Parmigiano Reggiano, che ha visto ben 63 indagati, l’arresto di 4 persone e, per la precisione, n° 2.402 forme di formaggio sequestrate.

 

Spett.le Redazione di Agrarian Sciences,

ho aspettato qualche giorno prima di inviarvi la prima pagina del quotidiano locale di Parma (edizione di venerdi 20 giugno qui), in cui si riporta la notizia di uno scandalo legato alle analisi del latte per il Parmigiano Reggiano, che ha visto ben 63 indagati, l’arresto di 4 persone e, per la precisione, n° 2.402 forme di formaggio sequestrate.

La clamorosa vicenda, che riporta alla memoria i fatti della fatidica estate del 2003, dove a seguito di un’eccezionale siccità si erano verificati altrettanti sequestri di intere partite di formaggio e dove, nel vicino Piemonte –segno di una politica oltremodo oltraggiosa dell’ecologia ma anche del contribuente-, si erano distrutti centinaia di ettari a mais in quanto sospetti di essere inquinati da…o.g.m! (altrettanto pietose le successive distruzioni veneto-friulane di alcuni campi di mais, “benedette” dell’altro governatore-ex ministro in camicia verde), parte dal fatto che non sarebbero state notificate alle autorità competenti gli esiti delle analisi del latte, nelle quali la soglia per le micotossine (l’articolo riporta dell’M1), sarebbero stati abbondantemente superati. Come è noto, le micotossine sono particolarmente tossiche per gli animali (uomo compreso), così come a carico di alcune di esse ne è stata accertata la cancerogenicità.

Posto il fatto che le indagini faranno il loro corso (e vi provvederà la magistratura), così come vale il principio della presunzione di innocenza fino al completo pronunciamento dei giudici, mi aspettavo che siccome su questa brutta vicenda –che getta delle ombre sulla salubrità di uno dei massimi simboli del made in Italy-, si sono pronunciati benché meno due ministri della Repubblica, rispettivamente quello della Salute Lorenzin e dell’Agricoltura Martina (qui), almeno il mondo agricolo più o meno organizzato dicesse la sua. Invece, a parte qualche estemporaneo proclama del tipo “pene esemplari per chi ha sbagliato!” (qui), non si è avuto successivamente al 20 giugno nessun commento. Imbarazzo per una vicenda che lega il nome della città al prodotto tipico in questione, oppure semplicemente ipocrisia?

Ai lettori la propria idea e, scopo del presente scritto, oltre quello di informare sui recenti accadimenti (non interessano in questa sede i risvolti giudiziari: non è compito degli agronomi stabilire eventuali colpe), è soprattutto quello di porre alcune questioni dal punto di vista della scienza e della politica agraria.

E’ doverosa però una premessa. Nella città che si inventa Verdi agricoltore (perché Ridolfi, Ricasoli o lo stesso Cavour a confronto allora chi erano?), celebrando al proposito dotti convegni, -dopo averlo, a suo tempo –in campo artistico- clamorosamente fischiato: potesse parlare!-; sul tema delle micotossine nel novembre del 2012 ed in quello del 2013, l’agronomo Prof. Antonio Saltini intervistato dal sottoscritto, aveva rilasciato nel corso di due convegni cittadini presso la biblioteca di agricoltura intitolata al grande cattedratico ambulante Antonio Bizzozero, due interviste (scaricabili dalla sezione convegni della biblioteca qui e qui), dove metteva in guardia dal pericolo insito nell’alimentare le nostre lattifere ed i nostri suini pesanti (dai quali si ricavano altrettanti prodotti DOP), con il mais padano infetto da queste pericolosissime tossine. L’autore dell’opera enciclopedica Storia delle Scienze agrarie, sulla base della sua notevole esperienza (nel corso della sua carriera, egli ha intervistato eminenti scienziati nei 5 continenti), forniva precisi elementi a supporto dell’impiego degli o.g.m nell’alimentazione animale.

Adoperandomi per fare intervistare il Prof. Saltini dal medesimo quotidiano (allo scopo di porre alla pubblica attenzione il problema micotossine che a seguito del decorso stagionale si rivelava particolarmente pressante), dell’intervista telefonica del febbraio-marzo 2013 (e per la quale si era interessata anche un’importante organizzazione professionale agricola), non se ne è mai avuta la pubblicazione.

La polvere come insegna un vecchio detto, si vede che…”andava messa sotto il tappeto”!

Per completezza di cronaca, vi è da aggiungere l’episodio del 20 marzo di quest’anno, con l’occupazione degli uffici EFSA da parte degli attivisti anti o.g.m. –e relativo imbrattamento dei muri-: lor signori si che sono rispettosi delle regole di civile convivenza! Guarda un po’ il caso, l’Authority europea ha proprio sede a Parma ed era colpevole, a loro dire, di non avere espresso pareri scientifici contrari all’utilizzo delle biotecnologie in agricoltura.

Ecco che in quest’inizio d’estate 2014 non bisogna fingere di meravigliarsi quando, sollevato dalla magistratura questo vergognoso tappeto, la “polvere” ammassata inizia a sollevarsi.

Anzi, quest’episodio attesta il valore delle tesi di chi per tempo come il Prof. Saltini, metteva in guardia dai pericoli derivati da un’errata legislazione, frutto di scelte di politiche agricole dettate da stake holders anti-scienza, che non permettono la coltivazione di ibridi e varietà maggiormente produttive e sicure.

Con buona pace di coloro che, agitando continuamente l’accusa di possibili commistioni con le tanto odiate multinazionali –i conflitti di interesse, riguarderebbero, a loro dire, solo gli altri-, non avendo quindi argomenti in materia, sbandierano il principio di precauzione come un dogma: e i dogmi si sa, non si discutono e vanno presi per come sono.

Così facendo danneggiano la nostra agricoltura ed i nostri prodotti tipici (come in questo caso), ossia l’esatto contrario di quello che essi vanno vaticinando!

Intanto nella sola provincia di Parma nel 2014, la superficie a mais da granella è drasticamente calata rispetto l’anno precedente: a sopperire ai fabbisogni –si suppone-, provvederà provvidenzialmente il mais di importazione, che sarà presumibilmente o.g.m. (basta al riguardo leggere i cartellini dei mangimi). Gli agricoltori conoscono molto bene la situazione, ma ad una società sempre più inurbata, bisogna raccontare invece un’altra storia.

A proposito: voci autorevoli ma sempre più insistenti, riporterebbero di una curiosa triangolazione (una volta tanto agroeconomica): il mais e la soia biotech. necessari agli allevamenti italiani, arriverebbero in Ucraina e, opportunamente stivati, verrebbero successivamente importati in Italia come non o.g.m. Un autentico prodigio della geografia e del commercio!

Si attendono fiduciosi clamorose smentite a queste autorevoli voci.

Nel frattempo, le cronache del 23 giugno 2014, riportano del sequestro di un cargo da 20.000 T di mais ucraino al porto di Ravenna, inquinato da diossina. Non è che fosse (anche) o.g.m?

Ma ai nostri allevamenti, cosa daremo intanto da mangiare?

E la nostra salute, che si tutela anche con il cibo che ingeriamo, per i nostri politici è necessariamente un optional?

I politici sappiamo (e taluni funzionari la cui progressione di carriera è proporzionale alla devozione), misurano le proprie azioni sulla base delle priorità date: non risulta che la materia agricola sia tra quelle, a meno di pensare che i farmer markets costituiscano un tangibile esempio di reale politica agricola.

Attualmente la quasi totalità dei consigli regionali deve celermente giustificare alla G.d.F. “originali” rimborsi quali: cene luculliane, alberghi, viaggi e, per rimanere alle cronache,…colorate mutande!


Quando si dice mutatis mutandis!




Alessandro Canterelli
Laureato in Scienze Agrarie presso la Facoltà di Agraria di Piacenza, con tesi in patologia vegetale. Dal febbraio 2005 lavora presso il Servizio Territoriale Agricoltura Caccia e Pesca di Parma (STACP), della Regione Emilia Romagna (ex Servizio Provinciale), dapprima come collaboratore esterno, successivamente come dipendente. E’ stato dipendente presso la Confederazione Italiana Agricoltori di Parma. Ha svolto diverse collaborazioni, in veste di tecnico, per alcuni Enti, Associazioni e nel ruolo di docente per la formazione professionale agricola. Iscritto all’Ordine dei dottori Agronomi e Forestali ed alla FIDAF parmensi.

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