lunedì 28 settembre 2015

Svelati i segreti del “Grano del miracolo”


di SERGIO SALVI



( Fonte: agricoltura.regione.emilia-romagna.it )


Era chiamato Triticum ramosum da Plinio, Triticum spica multiplici da Bavino, Frumentum racemosum da Anguillara e Triticum typhinum multiplici spica da Tabernamontano, e da alcuni, più volgarmente, Grano di Smirne, Grano d’Egitto o, ancora, Grano del Graspo o del Grappolo, ma oggi per tutti è il Grano del miracolo (nella foto), una forma di frumento che da sempre ha colpito l’immaginazione dell’uomo agricoltore nella speranza di poter conseguire raccolti - per l’appunto “miracolosi” - di grandi quantità di granella.

Qualcuno chiamava questo frumento dalla spiga ramificata Mazzocchio, ma secondo il botanico Saverio Manetti (1723-1785) commettendo un errore, perché, come egli scriveva nel lontano 1766, “…sotto il nome di Mazzocchio s’intende comunemente un’altra specie di Grano”. Il Manetti aveva ragione, tanto che in seguito il grande Emanuele De Cillis (1866-1950), nella sua opera “I grani d’Italia” (1927), classificò il Mazzocchio (all’epoca ancora confuso con il vero Grano del miracolo) come frumento tenero, mentre oggi sappiamo che il Grano del miracolo propriamente detto appartiene al gruppo dei frumenti duri/turgidi (nome scientifico: Triticum turgidum convar. compositum (L. f.) Filat.), il cui assetto genomico è AABB.
Una ricerca appena pubblicata sulla rivista Genetics, svolta da un gruppo internazionale del quale hanno fatto parte anche ricercatori italiani del Parco Tecnologico Padano di Lodi e delle Università di Bologna e Milano, ha caratterizzato a livello genetico-molecolare la mutazione responsabile di questo particolare fenotipo della spiga di frumento.
I ricercatori, infatti, hanno scoperto che alla base della ramificazione della spiga del Grano del miracolo vi è una specifica mutazione che interessa un dominio particolare all’interno del gene TtBH-A1, la quale comporta la sostituzione dell’aminoacido leucina con un altro aminoacido, la prolina, nella posizione 96 della proteina codificata dal gene in questione (mutazione L96P).
L’aspetto interessante di questa scoperta è che altre mutazioni del gene TtBH-A1, diverse da L96P (anche indotte artificialmente), non provocano mai il fenotipo ramificato “classico”, nemmeno quando esse colpiscono il dominio specifico entro il quale cade la mutazione L96P. Ma non solo: i ricercatori, effettuando il resequencing di numerose accessioni di Grano del miracolo, hanno sempre e solo trovato la mutazione L96P associata al fenotipo ramificato. Inoltre, essi hanno anche potuto dimostrare che la manifestazione della spiga ramificata non dipende mai dal gene corrispondente (detto omeologo) presente sul genoma B (TtBH-B1), mostrando, pertanto, che il fenotipo ramificato è una prerogativa unica del gene presente nel genoma “A” il quale, insieme al “B”, è comune anche al frumento tenero (Triticum aestivum L., genoma AABBDD). Questo lascia supporre che il gene TtBH-A1 possa essere coinvolto anche nella ramificazione della spiga osservata in quel grano Mazzocchio che, in passato, veniva scambiato per il Grano del miracolo originale.
In conclusione, gli autori dello studio hanno potuto portare una prova a favore dell’ipotesi che un singolo evento di selezione, avvenuto durante il processo di domesticazione del frumento duro, abbia portato all’isolamento di questa mutazione la quale, attraverso la propagazione del “mito” della produzione miracolosa attuata nel corso dei millenni, è giunta fino a noi per rivelare i propri segreti ai ricercatori impegnati nei moderni laboratori di genetica molecolare.
Resta, invero, un unico segreto ancora da rivelare sul Grano del miracolo, ossia quello delle sue origini nel tempo e nello spazio. Quel che però è certo è che oggi abbiamo a disposizione nuove informazioni che forse, un giorno, permetteranno di concretizzare l’atavico sogno dell’umanità di poter disporre di pane in abbondanza per tutti.

Bibliografia
De Cillis E., 1927. I grani d’Italia, Tipografia della Camera dei Deputati.
Manetti S., 1766. Delle specie diverse di frumento e di pane siccome della panizzazione, Antonio Zatta, Venezia.
Poursarebani N., Seidensticker T., Koppolu R., Trautewig C., Gawroński P., Bini F., Govind G., Rutten T., Sakuma S., Tagiri A., Wolde G.M., Youssef H.M., Battal A., Ciannamea S., Fusca T., Nussbaumer T., Pozzi C., Börner A., Lundqvist U., Komatsuda T., Salvi S., Tuberosa R., Uauy C., Sreenivasulu N., Rossini L., Schnurbusch T., 2015. The Genetic Basis of Composite Spike Form in Barley and 'Miracle-Wheat', Genetics, Vol. 201, pp. 155-165.



         Sergio Salvi
 
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico, recupero di varietà agrarie d’interesse storico).



1 commento:

  1. A scanso di equivoci, mi corre l'obbligo di fare una precisazione sugli autori dell'articolo di Genetics: il "Salvi S." indicato tra gli autori della ricerca non sono io, ma è il prof. Silvio Salvi dell'Università di Bologna. Un caso di "omonimia perenne", essendo anni che vengo spesso confuso con l'esimio collega, col quale peraltro - che io sappia - non ho alcun rapporto di parentela... :)

    Sergio Salvi

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