mercoledì 30 agosto 2017

Un vigneto, un sogno e un viaggio di speranza!

di Salama Dawoud

Zababda-Palestina

Un vigneto a Zababda “Cisgiordania-Palestina” un idea, un progetto, un sogno che si realizza. Una citazione biblica definisce l'antica Palestina: “un paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni”, in particolare la vite e il vino sono ben evidenziati nella Bibbia, non a caso il primo miracolo di Gesù fu quello della trasformazione dell'acqua in vino alle nozze di Cana. Da qui nasce l'idea, che presto diventerà realtà, di coltivare in quelle terre un vigneto, per produrre vino che possa assomigliare il più possibile a quello che si beveva ai tempi di Gesù. Inizio agosto, io Salama Dawoud, cattolico palestinese e l' agronomo Francesco Marino decidiamo di partire.
Arriviamo all'aeroporto di Peretola (Fi) , bisogna partire alle ore 19.30, fino a Roma tutto bene. Ora, però, ci dobbiamo dividere, adesso è il momento di affrontare la realtà, quella realtà amara dell'identità, della nazionalità, del passaporto! Noi siamo due ma di nazionalità diverse, un italiano e un palestinese. Per questo abbiamo due itinerari diversi, l'italiano che non è del posto, può volare direttamente a Tel Aviv ma il palestinese, il figlio di quella Terra, deve affrontare un viaggio più lungo, deve volare ad Amman. Qui ci separiamo, il volo per Tel Aviv è di tre ore e mezzo e il volo per Amman è sempre di tre ore e mezzo. Cosa cambia? Io essendo un palestinese non posso atterrare nella mia Terra perché non abbiamo uno Stato, non abbiamo un aeroporto, non abbiamo un'autorità sovrana, non abbiamo nessun diritto! Abbiamo un passaporto ma è solo un documento qualsiasi che non è riconosciuto da quasi nessuno, già la domanda al check-in te lo fa capire quando li vedi a cercare di capire la nazionalità di questo passaporto, girandolo di qua e di là, a quel punto gli chiedi: “Scusi, qualche problema?” ti dice : “Ma lei è iraniano, egiziano, pakistano, di dove è lei?”; “Sono palestinese”. “Ah! ecco, mi sembrava egiziano”. Oppure l'altra sofferenza, quella di non avere il diritto di andare in nessun paese senza un visto richiesto almeno un mese prima al consolato del paese di arrivo, e aspettare o il concedere o il rifiuto. Tutto questo ti fa capire che sei un palestinese!

Al riguardo, il grande poeta palestinese Mahmud Darwish scrisse: 

Non mi hanno riconosciuto nelle ombre che
han rubato via il colore dal mio passaporto.
La mia ferita hanno aperto
e ne hanno fatto un museo per turisti.
Non mi hanno riconosciuto.
Non lasciare le mie mani senza sole,
perché gli alberi
mi riconoscono.
Mi riconoscono
tutte le canzoni di pioggia.
Non abbandonarmi pallido come la luna.


Tutti gli uccelli hanno seguito
il palmo della mia mano
fino alla soglia dell’aeroporto lontano.
Tutti i campi di grano
tutte le prigioni
tutte le tombe bianche
tutte le frontiere
tutti i fazzoletti sventolati
e gli occhi tutti quanti
erano con me
ma loro
li hanno cancellati dal passaporto.


È una vergogna il nome, l'appartenenza?
In una terra che ho coltivato con le mie mani!
Giacobbe oggi ha urlato fino al cielo:
non fare che io sia di nuovo da esempio!
O signori! O signori profeti,
agli alberi non domandate
il loro nome
non chiedete alle valli
di chi sono figlie.


Dalla mia fronte sgorga la spada della luce
e dalle mie dita l’acqua del fiume.
Tutti i cuori degli uomini
sono la mia identità.
Ritiratemi pure questo passaporto”.

Questa poesia rappresenta noi, la nostra realtà, la nostra vita e la nostra sofferenza.

E' il momento di salire sull'aereo, sono le ore 22.30, un viaggio tranquillo fino ad Amman. Si arriva alle ore 03.00 locali. Si prendono i bagagli, si esce. Un attimo, dimenticavo!! Qua non ho bisogno di un visto, strano! Ma non perché ci vogliono troppo bene, non perché non ci vogliono far soffrire tanto, e non perché non ci vogliono far spendere ancora di più ma semplicemente perché è l'unica via di uscita e di entrata che ci collega al mondo esterno. Quindi, uscendo dalla Palestina devi passare per forza dalla Giordania e rientrando ci devi passare lo stesso. Questo vuol dire che tutte le volte che esci ed entri devi pagare la tassa di uscita, la tassa di entrata, la tassa sui bagagli, pagare tutti i servizi, taxi, hotel, mangiare, etc. Allora, sei il miglior turista per loro. E credo che anche per questo nessuno ha mai l'interesse che noi fossimo autonomi, avessimo uno Stato indipendente, un aeroporto e uno sbocco libero al mondo esterno. E' lo stesso per Israele che controlla tutto quello che esce e che entra, e imponendo tasse su tutto, arrivando ad avere una doppia tassa in un paese che vive alla soglia della povertà. Guardo l'ora sono le 03.40 devo ancora aspettare perché il confine tra la Giordania e la Palestina si apre alle 07.00. Inizio a trattare con i tassisti, tanto ho tempo. Il taxi ufficiale prende 31,50 dinari giordani (cioè 37,50 euro) ma ci sono anche i tassisti abusivi, quelli che non sono di linea, oppure dei privati che se ne approfittano. Appena ti vedono ti attaccano da tutte le parti: “ Un Taxi, Un Taxi...”; ti iniziano a sparare le cifre più alte e se non lo sai sei fregato. Se invece conosci i prezzi inizi a trattare e se arrivi a un prezzo che ti conviene lo prendi.
Giordania, in attesa per la Palestina

Si parte per il confine è un viaggio tranquillo all'alba che dura circa un ora. Arrivati al confine saranno circa le 05.00 – 05.30 sempre se non conosci sarai sempre fregato perché il confine è chiuso fino alle 07.00 e il tassista ti deve lasciare lì, o scendi e stai ad spettare lì fino alle 07.00, prendi un caffè, aspetti in qualche maniera; o trovi in prima fila dieci macchine di noleggio di uno sfruttatore che ti dicono che per entrare dentro, che son 20 metri, devi entrare solo in macchina e non a piedi, quindi dovrai prendere un posto in una di queste macchine che costa 10 dinari giordani (11,20 euro) ogni macchina carica 4 o 5 persone sfruttando la povera gente; e che sono spesso d'accordo con la polizia di frontiera che cercano di convincerti che puoi solo entrare in macchina finché non ti arrendi anche se poi alle 7, una volta aperte le porte, è possibile entrare in ogni modo, anche a piedi.
Oltrepassati questi 20 metri al prezzo di 10 dinari ti metti in fila allo sportello per comprare i biglietti per il pullman che costa 3,50 dinari per persona e 1,50 dinari per bagaglio. Tale pullman ti porta alla frontiera israeliana dove devi prendere il numero per il controllo passaporti. La sala di attesa non è il massimo, i turni sono rispettati quando devi consegnare il passaporto ma poi per riprenderlo aspetta e spera... Una volta ripreso il passaporto e usciti, prima di salire sul pullman ricordati di andare a cercare i tuoi bagagli che avevi lasciato ai controlli e che sono stati buttati in un grande piazzale dispersi fra centinaia di valige. Ritrovatili li dovrai mettere su pullman perché se te li dimentichi, meglio non entrare nei dettagli, è un altro bel casino. Una volta che ti sei trovato la valigia e stai per metterla sul pullman scopri che ci sono i facchini che ti assaltano da tutte le parti per aiutarti e poi chiederti le mance. Ora si parte per la frontiera israeliana, ovviamente l'ora dipenderà da quanto hai aspettato e da quante persone avevi davanti. Sull'autobus ti consegnano un modello da riempire per calcolare le uscite e le entrate delle persone e poi inizia un viaggio di circa 15 minuti verso la frontiera. Arrivati alla frontiera se sono pronti e tutto dentro è a posto aprono per fare entrare il pullman sennò si aspetta, ma non si sa quanto. Una volta entrati si scende, si scaricano le valige e te le porti dietro, con il casino della gente, che cerca di correre di qua e là per arrivare prima allo sportello. Prima però devi andare a prendere il codice a barre per le valige, e metterti le tue valige sul nastro per il controllo e poi avviarti all'altro sportello dove ti mettono il bollino sulla copertina del passaporto e lo fanno apposta mettendolo sopra il logo e il nome dell'Autorità Palestinese. Entri per i controlli come quelli dell'aeroporto e una volta passati vai allo sportello per il controllo del passaporto, una volta fatto tutto entri in una sala con i tornelli dove c'è uno sportello che ti controlla il passaporto per vedere se la tua valigia è già uscita se è ok esci a cercare al tua valigia, sennò rimani li e aspetti, e quante volte ho aspettato ore senza capire cosa fanno con la mia valigia tutto questo tempo. Poi prendi la tua valigia e uscendo ti controlla la dogana e un addetto alla sicurezza ti controlla che il codice a barre del passaporto e della valigia corrispondano; una volta che sei fuori già respiri un aria diversa perché sei quasi in Palestina. Vai a comprare i biglietti per il pullman che ti porta dalla frontiera israeliana a quella palestinese che costa uguale sia per le persone che le valige e ti metti ad aspettare che il pullman si riempia per partire verso la libertà. Di solito, se tutto è andato bene, sono le ore 09.30 – 10.00 (escludendo i periodi estivi). Si arriva a Gerico e alla frontiera palestinese si scende, ti scaricano le valige e si entra direttamente al controllo passaporti esci e cerchi la tua valigia la prendi e parti per la tua destinazione, per Zababda sono circa una ora e mezzo se non ci sono controlli sulla strada, perché ovviamente siamo in Palestina, nel nostro paese, nella nostra terra ma sono loro gli israeliani a comandare, a controllare, a limitare e a decidere tutto.
Finalmente a casa  incontro l' amico Francesco , lui è arrivato molto prima. Il vino che produrremo avrà di sicuro più “vita facile” di in palestinese, perché in un mondo globalizzato le merci possono viaggiare con facilità, molti essere umani purtroppo ancora no!.
Il viaggio di ritorno è stata un altra avventura sempre più complicata e più costosa.
E la storia continua...


NOTA: Le misure da prendere durante il viaggio: non cambiare i soldi alle frontiere e all'aeroporto della Giordania, non fidarsi di nessuno, trattare sempre, essere a conoscenza della condizioni della frontiera, e non farti fregare.
I periodi estivi sono l'inferno sulla terra in quel posto e sono più affollati di sempre, perché come avevo già detto la Giordania è l'unico sbocco della Palestina sul mondo e se non sai dove andare oppure non hai possibilità di andare altrove, vai in Giordania.


Salame Dawoud
Insegnante di musica e arabo. Si è diplomate al Al-Ahliyya College  (Ramallah- Palestina). E' laureando in lingue e letterature straniere presso la Facoltà di Lingue , Università di Pisa.

Nessun commento:

Posta un commento

Printfriendly