giovedì 7 settembre 2017

Storia di alcune piante esotiche – La fragola

di Alberto Guidorzi



Prima di tutto occorre dire che la fragola è solo in parte esotica. Il genere Fragaria, infatti, nella sua forma diploide (2n=14 cromosomi ), tetraploide (2n=28) o esaploide (2n=42) è originaria del Vecchio Mondo, mentre la sua forma ottoploide (2n=56) ci proviene dal nuovo mondo dove esistono anche forme tri e pentaploidi. Una forma diploide detta Fragaria vesca a dire il vero si trova nei due “mondi” ed è conosciuta come fragola di bosco. Sono specie molto profumate, ma molto piccole e quindi non sono praticamente mai state oggetto di coltivazione1, ma solo di raccolta di frutti spontanei. Unica eccezione è costituita dall’esaploide F. moschata che a quanto pare è stata la prima fragola ad avere una varietà coltivata con un proprio nome, la cultivar Le Chapiron il cui nome risale al 1576 (https://en.wikipedia.org/wiki/Musk_strawberry).
Come ci sono pervenute le fragole ottoploidi? A tal proposito dobbiamo anzitutto dire che di queste ci interessano in particolare due specie: F. virginiana e F. chiloensis.
Nel XVI secolo, a seguito dei viaggi di Colombo (scoperta dell’America) e Vasco de Gama (circumnavigazione dell’Africa con arrivo nelle favolose “Indie delle spezie”), venne a crearsi una nuova sensibilità verso viaggi transoceanici con conseguente corsa alla conquista di questi nuovi territori. Come conseguenza di ciò vi fu un aumentato interesse per la flora di queste nuove terre con enormi conseguenze sulla scienza. I viaggi infatti avevano scopi politici, ma non si trascurò di far imbarcare naturalisti, botanici e cartografi per documentare la conformazione delle terre toccate e non solo. Anche naturalisti e botanici si preoccuparono di mostrare ciò che avevano visto, ma dato che i disegni erano molto laboriosi (disegno originale + copia + incisione di stampa) si avvalsero di una tecnica non nuova (schiacciamento ed essicazione di un esemplare di pianta su un foglio di carta spessa e assorbente), La pianta, però andava sistematizzata e fu proprio un italiano a farlo per primo, cioè Luca Ghini (1490-1556). Con questa nuova tecnica degli erbari i botanici poterono documentare e illustrare al meglio al proprio ritorno le loro osservazioni e ritrovamenti al “signore” che finanziava l’impresa. Nel contempo però, al “signore” si voleva far rivivere la realtà vissuta e quindi si trasportarono in patria sia frutti e semi sia esemplari di piante viventi, con ciò stimolando la creazione dei giardini botanici presso le università e come istituzione per conferire onore al “signore”. Essi costituirono curiosità, ma anche luoghi scientifici e di ricerca, specialmente medica sull’esempio degli orti botanici creati nei monasteri medioevali fin dall’epoca carolingia.
Per tornare a noi possiamo dire che le prime fragole del Nuovo Mondo portate in Europa furono quelle che Jacques Cartier, scopritore del Canada, trovò alla foci del San Lorenzo e sicuramente fu una F. Virginiana, ma dopo di lui anche altri raccolsero questa specie di Fragaria. Per contro la F. chiloensis è arrivata in Europa trasportatavi da François Amedée Frezier (1682-1773), savoiardo di nascita (Chambery). Si dice che “freise”, la denominazione francese della fragola, derivi dal suo cognome, solo che anche il suo cognome deriva dalla “fraise”. Infatti la sua famiglia si chiamava “de Berry” e fu tramutato e nobilitato in “Frezier” grazie ad un suo antenato che nel 916 ad Anversa aveva preparato un piatto di fragole che aveva incontrato il gusto dell’Imperatore. Pertanto “fraise” è una denominazione precedente a Frezier. 
Più verosimilmente la fragola deriva il suo nome dal verbo latino “fragare” ossia “odorare” (da cui anche il nostro vocabolo ”fragranza”). Il nostro Frezier era un soldato, seppure molto istruito, che entrò a far parte del neonato “genio militare” appena creato da Vauban e si occupò di rinforzare le fortificazioni a mare di Saint Malo. Tuttavia il suo sapere enciclopedico lo farà selezionare per l’imbarco sulla nave corsara “Saint Joseph” che doveva raggiungere il Cile doppiando il Capo Horn. Le navi corsare francesi avevano tradizionalmente il compito di attaccare i galeoni spagnoli che dai porti del Pacifico quali Conception (Cile) e Callao (Perù) portavano merci e preziosi in Spagna. Ciò avvenne fintanto che sul trono di Spagna salì il primo Re Borbone, nipote del Re Sole, con il nome di Filippo V dopo di che francesi e spagnoli divennero alleati. Tuttavia è noto che tra alleati ci si spia e quindi il viaggio cui partecipò Frazier ebbe lo scopo ufficiale di migliorare le fortificazioni dei due porti suddetti e quello ufficioso di acquisire notizie e informazioni di ordine strategico in previsione di mutamenti politici. Ed è proprio qui che rifulse il genio di Frezier, che in virtù della propria formazione abbracciante molte branche del sapere raccolse informazioni relative alla flora, all’agricoltura e alla la farmacopea.
La pace di Utrecht ed il conseguente trattato (o meglio trattati), modificò gli equilibri e quindi Frazier, assieme ad altri corsari, fu obbligato a tornare in patria in fretta e furia. Tuttavia poco prima di partire da Conception (che ha un clima simile alla Bretagna) egli si recò in un orto per raccogliere alcune piante di una rosacea che gli spagnoli chiamavano frutilia (piccolo frutto) e originaria di un’isola poco distante chiamata “Chiloe” e che era coltivata dalle tribù indiane locali. Durante il ritorno non mancò di esplorare gli intricati passaggi marittimi della Patagonia per cartografarli e rendere meno difficile in seguito il doppiaggio di Capo Horn.
Si ricorda anche che gli abitanti di Saint Malo si chiamano “malouins” e che le isole Malvine (o Falkland all’inglese), hanno assunto questo nome proprio perche Frazier vi si fermò e le chiamò Malouines in onore dei suoi marinai di Saint Malo. Quando il 17 agosto 1714 la nave attraccò nel porto di Marsiglia, vi erano solo cinque piante di fragola ancora vegetanti, di cui due andarono a colui che durante il viaggio le aveva accudite e due furono fatte pervenire al direttore dell’orto reale (oggi il rinomato “Jardin des plantes” di Parigi che si trova vicino gare de Lyon, e vi garantisco che merita una visita), infine l’ultima pianta fu inviata al ministro delle fortificazioni a Brest. Purtroppo nessuna diede semi fertili (salvo qualche raro caso) e non lo fecero neppure quelle le cui talee (stoloni) furono inviate in vari orti botanici europei. Questi rari casi furono tuttavia oggetto di osservazioni attente e si scoprì che i semi fertili si originavano solo da piante poste in prossimità dell’altra specie americana F. virginiana. Gli orticultori bretoni diventarono così specialisti nelle produzione di queste fragole ibride di F. virginiana e F. chiloensis). Fu in queste piantagioni che nacque un ibrido che unì assieme la grossezza delle fragole del Cile con il sapore della fragola della Virginia. Era nata la cosidetta Fragaria x ananassa, la fragola oggi più diffusa,
A questo punto, però, dobbiamo citare un altro botanico giardiniere, cioè Antoine Nicolas Duchesne che nel 1766 nella sua Histoire naturelle du fraisier mise un po’ di ordine nel genere Fragaria e scoprì che esistevano piante di fragola solo femmine (nel fiore mancavano gli stami) ed anche piante ermafrodite. La cosa fu poi codificata quando successivamente si scoprirono i cromosomi, si poterono contare e ci si accorse che le piante a numero cromosomico dispari (triploide e pentaploide) erano sterili. Guarda caso queste piante erano presenti nel materiale giunto dall’America. Si ricorda che la fragola si moltiplica per seme ed anche per via vegetativa.
Nel genere Fragaria sono stati scoperti anche altri geni interessanti: il primo è il carattere “rimontante” che conferisce a certe fragole la capacità di produrre frutti sia in primavera che in autunno; un altro carattere è quello dei frutti bianchi ed infine vi è anche la fragola che non produce stoloni radicali. Comunque dopo la seconda guerra mondiale il miglioramento della fragola passò in mano agli specialisti e si privilegiarono i seguenti caratteri: riduzione dei costi e dei rischi produttivi, resistenza alle malattie, grossezza dei frutti, facile raccolta, buon adattamento climatico, adattamento alle nuove forme di commercio (resistenza ai trasporti, alle manipolazioni) e regolarità di forma e di colorazione. Inoltre i caratteri prima delineati, una volta raggiunti non rimangono sempre tali, ma evolvono in funzione all’evoluzione del mercato e per rispondere alle richieste occorre fare ricorso a nuova variabilità genetica. Ciò ha modo di sfatare la “leggenda metropolitana” secondo cui la selezione moderna dovendosi adattare al mercato avrebbe ridotto la variabilità genetica della specie che molti chiamano “biodiversità”: sono più le varietà di fragole che ha creato la moderna selezione che quelle che esistevano prima. 
Viceversa la variabilità genetica diminuì proprio agli inizi, cioè quando si portarono in Europa le fragole americane o quando si scelsero i genitori per i primi incroci. E’ stato calcolato che la variabilità genetica del materiale americano proviene da 7 varietà per i cromosomi e da 10 per il citoplasma, ma questo screening è stato fatto 300 anni fa e non ora. Oggi invece ci si è resi conto dell’erosione e ad esempio in Europa si sono scelti 12 centri di ricerca che fra le 900 varietà esistenti hanno preservato le 112 più interessanti da un punto di vista della variabilità genetica, ma ci si è dimenticati di raccogliere anche materiale nostrano di F. vesca e F. moscata. A ciò si aggiunga che a Corvallis (Oregon – Usa) esiste una banca del germoplasma dedicata al genere Fragaria.

NB: interessante leggere anche il seguente link: http://blublogpreziosa.blogspot.it/2013/05/la-fragola-tra-mito-e-storia.html da dove ho anche prelevato la foto a corredo dell’articolo.

1 Ciò non toglie che alla fine del Basso medioevo alla fragola venisse assegnato un significato simbolico religioso, tanto è vero faceva oggetto di disegni di contorno di certe miniature.

Alberto Guidorzi  
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana
 

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