venerdì 22 settembre 2017

Viaggio nella cucina inglese: una sfida alla stereotipia

di Andrea Conforti 

"haggis"
Come succede per ogni altro paese, i britannici sono bersaglio di una buona parte di stereotipi, sia che essi contengano o no elementi di verità. Generalizzare su ogni tipo di argomento conduce a delle considerazioni parzialmente o totalmente sbagliate e la conseguenza più comune di tali stereotipi sul cibo inglese è che chiunque visiti la Gran Bretagna finisce molto probabilmente per avere aspettative erronee su cosa trovarci da mangiare.
Degli esempi di cosiddetti stereotipi sono che il cibo inglese è di solito troppo cotto, carente di sapore e anche noioso, o ancor peggio, tremendo. Il livello di oggettività contenuto in questi giudizi non è facilmente computabile, poiché ogni opinione potrebbe derivare da esperienze e consuetudini appartenenti a stili culinari ben differenti.
In verità, se si inizia a pensare in maniera adeguata al cibo tradizionale britannico, possiamo renderci conto che non è certo tutto da scartare; anzi, c'è sicuramente qualcosa di buono. E' comunemente condiviso, ad esempio, l'apprezzamento per il con le tipiche 'scones', simili alle nostre brioches, che rappresenta una tradizione ben radicata nella cultura britannica sin dal '600, resa poi più particolare nel diciannovesimo secolo con l'introduzione dell''afternoon tea' da parte della settima duchessa di Bedford. Questa naturale iniziativa domestica è diventata il punto di inizio di una moda, in particolare nell'alta società inglese, legata non solo al godere del buon tè insieme ai delicati sapori dei pasticcini, ma anche all'interesse per l'evento sociale e il gusto per l'eleganza strettamente associato ad esso. Ciò considerato, non immaginiamoci oggi un generale radunarsi di persone 'in ghingheri' intorno a un tavolo ricco di prelibatezze, argenteria e porcellanato in ogni parte del Regno Unito. La tradizione va avanti, pur mantenuta talvolta in maniera ridotta da qualche biscotto e del tè consumato in una semplice tazza.
Oltre al tè, altre pietanze ben conosciute sono il roast-beef e il 'fish and chips', ognuna con una storia che ne dà una ragione precisa per il suo consumo diffuso.

"roast-beef"
All'incirca cinque secoli or sono le guardie del re Enrico VII arrostivano fette di manzo prima della celebrazione della Santa Messa della domenica e questa consuetudine si è diffusa rapidamente in maggior parte della popolazione, insieme all'uso di verdure, rape e successivamente di patate, dopo il loro arrivo sull'isola di Albione, grazie a Sir Walter Raleigh.
Strettamente legato all''invenzione' dei soldati di Enrico VII, da allora chiamati 'Beefeaters', è lo Yorkshire pudding, un sufflé preparato per accompagnare l'arrosto, che nei tempi antichi veniva posto sotto la griglia durante la cottura del manzo per raccogliere i succhi di cottura della carne ed acquisirne il sapore. Ancora oggi è molto frequente mangiare del roast-beef con uno Yorkshire pudding nel piatto.
Molto più vicine ai nostri giorni, invece, sono le origini del 'fish and chips', il take-away preferito dagli inglesi. Intorno alla metà dell''800 nel Regno Unito iniziò a diffondersi l'idea di combinare pesce fritto e patate, che sembra siano stati introdotti rispettivamente nell'East End di Londra e nella zona industriale del Lancashire. Nel giro di qualche decennio pesce fritto e patatine diventò cibo essenziale per gran parte della popolazione, talmente essenziale da acquisire l'etichetta di piatto nazionale. Una combinazione vincente di sapori che, con una generosa aggiunta di sale e aceto, per ogni inglese diventa un'occasione imperdibile soprattutto se 'fish and chips' viene mangiato fuori, durante una fredda giornata invernale. 

"fish and chips"
Altre pietanze fanno parte della tradizione culinaria britannica, come il 'toad in the hole', fatto di salsicce in pastella di Yorkshire pudding, servito in genere con verdure e sugo a base di cipolla, il 'bubble and squeak', fatto con le verdure avanzate dal 'dinner roast' fritte in padella e mangiate bollenti, e ancora il 'Lancashire hotpot' a base di agnello, arricchito con cipolle e patate e cotto in forno.
In questa deliziosa panoramica non può mancare un altro piatto molto conosciuto e particolarmente caro agli scozzesi. Si tratta dello stomaco della pecora riempito con il suo cuore, il fegato e polmoni, insieme a grasso di rognone, cipolla, spezie, farina d'avena, il tutto mescolato con brodo - in una parola, 'haggis'. Una storia forse millenaria accompagna questo cibo particolare, simbolo della cucina scozzese. Sulle sue origini ci sono teorie differenti. C'è chi sostiene che in tempi remoti le mogli dei mandriani scozzesi preparassero loro 'haggis', in modo che potessero consumarlo più volte durante i loro lunghi viaggi dalle Highlands al mercato di Edimburgo. Si dice anche che questo cibo fosse stato portato in Scozia dai Vichinghi.
Legato al celebre poeta Robert Burns e ai suoi versi contenuti in 'Address to a Haggis', questo particolare insaccato è stato per secoli un piatto tipico della cucina povera scozzese. In occasione di feste o eventi particolari i proprietari terrieri facevano uccidere una o due pecore e le interiora rappresentavano una forma di pagamento verso i macellatori. La preparazione di questo cibo ottenuto a buon mercato e anche molto nutriente è diventata una tradizione talmente radicata nella popolazione da diventare il piatto nazionale della Scozia e sebbene possa far arricciare il naso nel sentire di cosa è fatto, il risultato finale è un capolavoro culinario che deve essere debitamente bagnato con un bicchiere di whisky. Sì, perché chi visita la Scozia non può non assaggiare il 'uisge beatha', o acqua della vita, nome con cui i Celti chiamavano il whisky.
Per molti secoli sono stati attribuiti poteri mistici a questo liquore, insieme alla capacità di curare le coliche, il vaiolo e altre malattie comuni, ma la sua storia è contrassegnata da una sempre crescente attività di distillazione e produzione, di crescita del business, di contrabbando ed è travagliata quanto la storia della Scozia e delle sue battaglie per contrastare la supremazia degli Inglesi.
Concludiamo questo tour della Gran Bretagna a base di storia e sapori con uno sguardo sul versante occidentale, dove troviamo il Galles che ha come simbolo nazionale il porro, appartenente ad una tradizione millenaria le cui origini sono legate all'adorazione degli alberi e di Madre Natura per poi arrivare al 589 dopo Cristo, con David, il Santo patrono che ordinò ai suoi soldati di portare un porro sui loro elmi in una battaglia contro gli invasori Sassoni che pare abbia avuto luogo proprio in un campo di porri. Da allora questo vegetale è sempre stato al centro di eventi e attività di varia natura nella storia del Galles, grazie anche alle sue capacità curative.
Il porro è, insieme al cavolo, un ingrediente di base della tradizionale zuppa chiamata 'cawl', che varia a seconda dei tipi di carne (maiale, manzo, agnello o montone) usati nella sua preparazione. 

"cawl"
La cucina tradizionale gallese deriva dalle diete dei vari pescatori, contadini e minatori, arricchita con verdure fresche, salmone, molluschi, granchio bianco, e maiale, agnello o manzo. Tuttavia, per completare il senso del 'sapore di Galles' vanno menzionati il 'laverbread', un tipo di pane prodotto dalla lavorazione di un'alga commestibile e i dolci a base di miele, cannella e frutta.
Spostandoci a sud-ovest, in Cornovaglia ci aspetta un altro piatto tipico: il 'Cornish pasty'. Fin dal 13º secolo lo sformato riempito con carne di cervo, manzo, agnello oppure anguilla, arricchito con varie salse e frutta, era cibo molto richiesto nell'alta società britannica, ma fu a partire dal 17º secolo che il 'pasty' diventò il cibo più diffuso tra i minatori della Cornovaglia, grazie al fatto che questo sformato, sebbene più umile nei sui ingredienti, rappresentava una pietanza 'all-in-one' sostanziosa, gustosa, durevole per più di un giorno e grazie alla sua conformazione e la sua crosta era piuttosto 'immune' dai pericoli di contaminazione della miniera. 

"cornish pasty"
Dopo questo tour di stampo culinario possiamo renderci conto di quanto stretto sia il legame tra storia e tradizioni in Gran Bretagna e i piatti tipici sono il risultato di cultura e creatività popolare che ha saputo sfruttare ciò che è stato portato sull'isola da altri popoli. Dai Romani e i Sassoni che hanno contribuito a migliorare i metodi di coltivazione ai Vichinghi e i Danesi con la loro introduzione di tecniche per affumicare ed essiccare il pesce, fino ai Normanni che fecero conoscere il piacere di bere il vino. Nel corso dei secoli gli inglesi hanno sempre incontrato civiltà diverse, con la scoperta di nuovi territori e soprattutto con la crescita del loro impero. Oggi, i piatti tradizionali britannici coesistono con un buon numero di cibi provenienti dagli stili culinari di tutto il mondo, e forse è il caso di dire che riescono a reggere il confronto e a perpetuare antiche tradizioni. Un viaggio in Inghilterra potrebbe essere pur ispirato dalla curiosità di capire se ciò è vero e da un senso di sfida se si crede nella concezione che il cibo inglese è "cattivo".



Andrea Conforti

Insegna lingue straniere da oltre venti anni, con esperienza di gestione laboratoriale in campo informatico e webmastering. Da dieci anni è docente di Lingua e Letteratura Inglese presso l'Istituto di Istruzione Superiore 'F. Enriques' di Castelfiorentino, ed è coordinatore di progetti europei e di scambi culturali nel settore dell'istruzione.




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