domenica 8 ottobre 2017

Frammenti di storia del frumento - grano del miracolo ovvero gli asini che volano

di Alberto Gudorzi  

Foto F.Marino
Quella del grano del miracolo è una lunga storia tipicamente europea, nella quale al vero si è mescolata tanta fantasia condita di racconti inverosimili. Il fatto vero è stato ben spiegato da Sergio Salvi (Agrarian Sciences) mentre la fantasia si è prima sbizzarrita nei nomi (frumento del faraone, frumento Osiride, frumento delle mummie, frumento di Tutankhamon) per poi costruirvi sopra favole alle quali anche persone di cultura han dato credito. 
Nella vicenda vi sono tre fasi temporali.

a) prima fase: metà del XIX sec.

Fra 1840 e 1843 venne diffusa la notizia che un certo Martin Farquhar Tupper sarebbe riuscito a far germinare 12 semi di grano trovati in un vaso di alabastro rimasto ermeticamente tappato per 3000 anni. Vi furono istituzioni più o meno accademiche che convalidarono la notizia, fino a quando, però, il Dr A. Inglish espresse dubbi e disse che si trattava di semi di un grano egiziano contemporaneo seppure appartenente al T. compositum.
Passarono alcuni anni e nel 1857 agronomi e botanici francesi diedero credito alla notizia della germinazione di cinque semi riesumati da una tomba antica, che a loro dire avrebbero conservato un potere germinativo intatto. Tali semi avrebbero dato origine ad un progenie che produceva molto di più dei frumenti dell’epoca.
Per inciso i fautori moderni della coltivazione dei grani antichi questa balla ce la risparmiano ma non ci risparmiano la fola secondo cui loro coltiverebbero un grano antico rimasto immutato nel tempo. Perché ciò avvenga occorrerebbe infatti che o un campione di questo grano sia rimasto germinabile per 70/80 anni (e dopo tanto tempo al massimo gli si può concedere se tutto va bene una germinabilità residua del 20/30% e quindi quando li si semina il materiale è andato perduto per restante 70/80%) o che il grano antico sia stato riseminato ogni anno o ogni 5 anni al massimo. Se però si è proceduto in quest’ultimo modo, ad ogni generazione l’assemblaggio genetico si è modificato, il che assommando le modifiche di più cicli ci porta ad un grano del tutto nuovo, il che può essere evitato solo epurando i fuori tipo, cosa questa facile da fare per chi conosce l’originale ma impossibile per chi ne è all’oscuro. Insomma a noi è giunto sì un frumento ma che con ogni probabilità è diverso dall’originale. In conclusione si cerca di imbrogliare la gente producendo un frumento attuale e non più antico che conserva solo la denominazione antica…
Ma proseguiamo nella nostra storia: per circa un secolo l’uomo sembra rinsavire e tiene bene i piedi per terra ben sapendo che, anche solo dopo 10 anni di conservazione in ambienti normali, di far germinare dei semi di grano non se ne parla e quindi parlare di germinazione di un seme dopo 3000 anni è del tutto insensato.

b) seconda fase: meta secolo XX

Tuttavia negli anni 1950 si ritorna a credere che “gli asini volino”. Il primo che lo fa è un pilota americano (Earl Dedman) che consegna a suo padre nel Montana dei semi che dice di aver raccolto in Egitto. Solo che arrivati negli USA questi semi diventano per incanto i semi di grano di Tutankhamon (King Tut Wheat) con ciò enfatizzando la fola della provenienza dei semi da una tomba egizia. La favoletta è tanto attraente che un certo Clinton Stranahan ne fa oggetto di coltivazione per presentare i semi ad una fiera agricola. Il secondo è il francese Henri-Charles Geffroy, fondatore dell’organizzazione “Vie Claire” (qui), che, tramite Pierre Sauvageot, il cui fratello avrebbe ricevuto alcune spighe di grano ritrovate in una piramide egiziana nel sarcofago di una regina, distribuisce ai suoi lettori questo grano miracoloso. Il frumento non poteva che ancorarsi addirittura alla divinità egizia Osiride ed infatti fu chiamato frumento di Osiride e datato settemila anni fa. All’invio erano allegate alcune raccomandazioni: semina distanziata di 30 cm da seme a seme, nessuna somministrazione di concimi chimici e donazione ad altri della metà del raccolto (una sorta di catena di Sant’Antonio, insomma). Inoltre a chiosa delle istruzioni vi era un panegirico secondo il quale 7000 anni di intatta conservazione avevano preservato tale frumento dalla degenerazione ponendolo in grado di apportare all’uomo quel progresso di cui il tempo l’aveva privato. A questo punto credo sia giusto fare un parallelo tra oggi e ieri: ieri ammettevano che se si fosse coltivato quel grano ogni anno esso avrebbe perso le caratteristiche iniziali, seppure assegnassero al sostantivo degenerazione un significato ideologico, e qui la scienza darà loro ragione togliendo, pero, la valenza ideologica. L’esperienza li bolla come mentitori per quanto riguarda il mantenimento del potere germinativo per migliaia di anni. Per quanto riguarda le possibilità miracolistiche e salutistiche si raccontavano balle una volta e le si raccontano anche ora. Altrettanto incredibili sono le affermazioni circa la produttività, si afferma che da un unico seme si sarebbero prodotti 6375 semi, ossia 8 kg di frumento in 5 metri quadrati, il che equivale a 160 q/ha (faccio notare che negli anni precedenti e seguenti la guerra le produzioni medie erano di 12/14 q/ha.
Su tali fondamenti si sviluppa un’operazione di marketing a metà fra stregoneria e chiromanzia e cioè l’operazione “grano Kamut” che ha attecchito solo in Italia e che come diremo più avanti vanta una semina in USA e un raccolto di denaro in Italia.

c) terza fase: epoca staliniana-kruscioviana

Sempre negli anni 50 del secolo scorso dobbiamo segnalare anche un’altra infatuazione per questo grano del miracolo. Esso colpì i dirigenti dell’URSS ed in particolare Stalin che, ricevuti nel 1946 alcuni semi di questo grano ramificato da suoi concittadini georgiani, li consegnò al suo protetto Trofim D.Lysenko dell’Accademia Lenin, la cui figura è già stata delineata qui (Agrarian Sciences ) . Questi lo coltivò e già nel 1947 scrisse a Stalin che era un grano che poteva produrre cinque volte più dei frumenti allora disponibili e quindi chiedeva il permesso di condurre delle ricerche ulteriori. Permesso accordato e contemporanea montata in auge di Lysenko nel panorama degli scienziati con enorme risalto dato ai suoi esperimenti di ibridazione condotti secondo le tecniche di Ivan V.Mitchourin, vale a dire innesto di un embrione di grano su un chicco privato del suo germe e conseguente rigenerazione di una pianta nuova (dove fosse nuova non è dato sapere in quanto il chicco privato dell’embrione non apporta nulla di nuovo all’embrione trapiantato). Evidentemente in una società totalitaria gli insuccessi di questi lavori sul grano del miracolo sono stati taciuti, ma che siano stati degli insuccessi (non solo scientifici, ma anche di organizzazione data alla società) ce lo dice un dissidente come Jaurès Medvedev che rivela: “ La spiga del frumento non si ramificò più e la realtà fu ben diversa, le spighe erano più piccole, sensibili alle malattie, le rese ben minori e la quantità di glutine insufficiente per produrre del pane in una filiera sempre più industrializzata”.
Se anche non vogliamo dar credito alle opinioni, non possiamo sottacere i fatti inconfutabili: nel 1963 i dirigenti russi si dovettero rivolgere alle importazioni USA di grano per dare pane al loro popolo, e ciò giustifica il fatto che ai tempi di Nikita Krusciov circolasse la seguente battuta: ” in URSS si seminava il grano in Ucraina e lo si raccoglieva in Canada!” 



Alberto Guidorzi  
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana

18 commenti:

  1. Risposte
    1. Grazie a te che l'hai apprezzato.

      Elimina
  2. In relazione alla prima fase temporale ricordo anche quanto ho scritto qui:
    https://agrariansciences.blogspot.it/2017/06/grano-degitto-di-ieri-e-di-oggi_4.html

    RispondiElimina
  3. mantenere la biodiversità di interesse agrario è un atto di amore verso gli agricoltori che hanno contribuito a crearla e una necessità sul piano scientifico perchè quella variabilità genetica ci aiuterà a mantenere le produzioni in un contesto di cambiamenti climatici, ricerca di sistemi colturali sostenibili e richiesta di alimenti sani e soprattutto digeribili.
    Paolo Guarnaccia
    Università di Catania

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Chi può smentire la necessita di mantenere la biodiversità? Nessuno con la testa sulle spalle e un minimo di conoscenza di miglioramento vegetale.

      Però questo tuo dire : " ricerca di sistemi colturali sostenibili e richiesta di alimenti sani e soprattutto digeribili" invece è un'emerita fregnaccia che ci vieni a vendere per poterti trastullare a rimestare l'aria calda, spacciandola per ricerca.

      Il germoplasma antico va mantenuto vitale, descritto e mantenuto in purezza (gli eventuali fuori tipo interessanti si conservano isolatamente), perchè deve servire alla nuova creazione varietale.

      Quando mi dimostrerai che all'Università di Catania si fa miglioramento vegetale seppure di base, allora applaudirò al tuo lavoro, ma finché non vedo risultati dirò che l'università non produce.

      Elimina
  4. Possibile che i distributori italiani di sementi non abbiano disponibile varietà tipo Anvergur e Company?
    http://www.semencesdefrance.com/pdf/ANVERGUR-ble-dur-FT-bdef.pdf

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anonimo ( ma mi piacerebbe conoscere il tuo nome vero)

      Prima osservazione generale: I francesi coltivano 100.000 ettari di grano duro ed hanno una creazione varietale autonoma e performante, mentre noi italiani ne coltiviamo 1,3/1,5 milioni e più di ettari ed iscriviamo le Timilie.... come novità varietali (vero Lirosi?)

      Seconda osservazione: i distributori italiani non hanno le varietà indicate per due motivi: 1° perchè il costo del seme francese è tale che il sacco di semente non sarebbe comprato che da pochi agricoltori professionali, tutti gli altri granicoltori del Sud (diciamo l'80% ma difetto) considerano il fattore seme ininfluente sulla produzione, 2° Perchè il seme commerciale francese è la R1 (prima moltiplicazione, mentre in Italia vendiamo la R2 (seconda moltiplicazione cioè con meno purezza varietale). Per noi italiani la R1 e categoria di seme la cui riproduzione da origine alla R2 e quindi tutta la produzione potrebbe essere venduta certificata come semente commerciale, dato però che i francesi non sono fessi essi prima di venderti un seme della varietà Anvergur o Company pretendono che tu firmi un contratto per cui ogni cartellino marrone che ti consegnerà l'ENSE ti impegni a pagare una royaltie di almeno 5 €/100 kg.

      Con questo ti ho anche detto come potresti fare, se sei agricoltore: Vai in Francia da un distributore di grano duro gli compri 2/3 q di Anvergur R1 )e questo te li da senza fiatare), poi vieni a casa e lo semini su diciamo 2/2,5 ettari ed ottieni una buona produzione e una parte la destini a semente (facendola burattare)per la tua azienda per le semine del 2019. Tu non incorri in nessuna azione illegale.

      Elimina
    2. La correggo sulla superficie francese a grano duro sono 377.000 ha nel 2016/17 e la raccolta dovrebbe essere secondo IGC di 2,1 milioni di tonnellate.
      Il che vuol dire che si è raccolto in Francia mediamente 55 Q.li/ha e il che vuol dire che merita andarselo ad acquistare in Francia l'R1.
      Con 1,3 milioni di ha coltivati in Italia con questa media avremmo avuto una produzione di oltre 7 milioni di tonnellate di grano duro invece delle 4,2 milioni di tonnellate raccolte nel 2017...

      Elimina
    3. Le resa medie italiane poco superiori alle 3 t/ha tengono conto che l'80% del grano duro italiano è coltivato al SUD-ISOLE dove le condizioni pedoclimatiche sono nettamente più difficili della Francia ma anche delle Marche-Romagna-Emilia dove infatti le medie sono simili e anzi più alte dei cuginastri. Questo consente però al sud-isole (dove il duro è, o almeno era, più "vocato" di aver meno problema di patologie fungine e quindi micotossine con risparmi per minor trattamenti e in genere condizioni igienico-sanitarie più sicure).

      Poi ben venga una miglior tecnica agronomica, in primis un'accurata scelta varietale, primo fattore di successo della coltura, invero troppo spesso sottovalutato.
      Ma se è vero che le varietà francesi (RAGT) sono al momento fra le migliori e soprattutto con fattori di resistenza alla principale fitopatia (ruggine bruna) non è che le più recenti varietà italiane di SIS, PSB, ISEA, CONASE, COSEME e PROSEME siano tanto inferiori. Anzi in certi ambienti vanno meglio come potrà verificare sui consueti report di confronto pubblicati dalle principali riviste tecnico-divulgative di settore

      Elimina
    4. CONASE distribuisce Anvergur, ma penso sia R3

      Elimina
    5. Per quanto riguarda l'ettaraggio francese mi riferivo al fatto che si facevano le varietà anche quando ne coltivavano 100.000 ha o ancora meno (mi riferisco all'epoca dei Neodur o brindur ecc.)

      Se in Italia non si mettono in atto questi programmi non se ne esce: http://www.franceagrimer.fr/fam/content/download/38440/354225/file/PLAN%20DE%20RELANCE%20BLE%20DUR.pdf
      file:///C:/Documents%20and%20Settings/Utente/Documenti/Downloads/fsov-2017-visuels-de-presentation.pdf
      Nel secondo si parla dello FSOV, sapete di cosa si tratta? Ve lo spiego: dato che la produzione ricavabile dalla R1 è ancora seminabile convenientemente previa oculato burattamento, In Francia era invalso l'uso di riprodursi seme da semina in azienda. I costitutori hanno allora detto alla filiera che se il loro lavoro di costituzione non era convenientemente finanziato tramite delle royalties sulle sementi loro avrebbero tagliato i programmi di miglioramento. Governo, associazioni di agricoltori e utilizzatori delle semole hano capito l'antifona e si sono seduti ad un tavolo. Ne è scaturito l'accordo che un frumento era accettato in un magazzino di stoccaggio solo se o si fosse presentato i cartelini applicato al sacco del seme che aveva dato origine alla produzione oppure si doveva dichiare di quale varietà riprodotta in azienda si trattava, Su questa base che aveva comprato il seme non avrebbe pagato nulla, mentre chi consegnava la sua produzione da macina senza avere i cartellini autorizzava lo stoccatore a trattenere 0,60 € per quintale per depositarla in una cassa comune nazionale. Il denaro qui confluito per 85% andava a pagare delle le aziende sementiere costitutrici delle varietà, mentre il 15% andava a finanziare ricerche di interesse comune

      Elimina
    6. Anonimo

      Il Conase o è un distributore esclusivo ed allora riceve della R1 (con cartellini blu) da Semences de France lo fa moltiplicare e poi vende la R2 (con caretllino marrone) conseguente, se invece non ha un contratto con la ditta francese può solo comprare che in realtà è R1, ma parte con il cartellino della R2 in modo che non sia moltiplicabile in Italia. La categoria R3 in Europa e quindi anche in Italia non esiste.

      Elimina
    7. Caiofabricius

      Vero quello che dici per le produzioni unitarie del Sud e delle Isole, solo che nelle prove sperimentali negli stessi ambienti i frumenti producono 50 q/ha, ora è vero che tra produzione sperimentale e produzione in pieno campo vi è sempre uno scarto, ma 20 q di differenza sono troppi e quindi si deve ammettere che i metodi di coltivazione nel Sud e nelle Isole hanno molte pecche tecniche. Mediamente io ho sempre visto che nelle agricolture pofessionale lo scarto non è mai superiore al 10/20% e quindi lo scarto nostro del 40% è migliorabile. O lo facciamo oppure non lamentiamoci più di tanto.

      PSB non è più italiana, SIS da quando è retta da Coldiretti è un po' una corte dei miracoli, mentre Conase, Coseme e Proseme hanno strutture di ricerca non adeguate ai tempi e per giunta non sono supportate da una ricerca di base pubblica ed infatti vediamo che vi sono ditte estere che sempre più limano loro il mercato, lasciando loro il mercato meno professionale, dove il prezzo di vendita del seme è svilito e quindi poco remuneratore delle spese di ricerca. Purtroppo quanto dico è il frutto dell'esperienza acquisita come rappresentante esclusivo italiano per 40 anni della Florimond Desprez (dai cui proprietari sono considerato un amico di famiglia) ed ho conosciuto il mercato francese e quello italiano

      Elimina
  5. mi chiamo Alessandro.
    Solitamente acquisto semente da 60€/q.le trattata Scenic , non so a che prezzo si riferisce lei.
    Potrei benissimo agire così,anche perchè se non sbaglio sono varietà performanti anche in Italia, giusto? e qui si ritorna alla sua prima osservazione visto che la varietà è stata creata in Francia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. C'è del Miradoux R1 dalle nostre parti in commercio e mi è stato detto che lo prendono da fuori, il costo è di 89€/q.le

      Elimina
    2. Mi puoi precisare dove? Miradoux è un frumento duro creato dalla Florimond Desprez nel 2007(ditta del Nord Francia dove ho lavorato per un po' come miglioratore negli anni 1964/67 e che poi ho rappresentato in Italia fino al 2006 (ho sulla scrivania un invito arrivatomi questa mattina al matrimonio di una figlia di uno dei proprietari). E' comunque una varietà per il Centro Nord, troppo tardiva per il Sud (subirebbe la stretta). Mi confermi dunque quanto ho detto più sopra, il seme è stato comprato in Francia in quanto colà la R1 (il seme è legalmente commercializzabile in Italia in quanto si tratta di varietà iscritta in Francia e quindi inclusa nel catalogo comunitario che permette la commercializzazione in tutta l'UE) è la varietà commerciale (in Italia da fessi commercializziamo la R2) e quindi il prossimo raccolto può benissimo fare oggetto di seme seminabile previa accurata burattatura in quanto in pratica si tratta di una R2.

      Elimina
    3. dove? al Capsi, sì mi è stato detto che lo prendono da fuori.
      89,5€/q.le sotto contratto immagino

      Elimina
    4. Non credo sotto contratto in quanto non essendo iscritto in Italia la successiva certificazione avrebbe bisogno di una concomitante semina del seme proveniente dal costitutore e non credo che il CapSiena lo abbia fatto. Comunque se sei agricoltore ed a richiesta ti viene fornito liberamente sappi che ci puoi fare seme per la tua aziuenda per l'anno venturo.

      Elimina

Printfriendly